Il Pistacchio di Bronte, l’Oro Verde Siciliano
La ricchezza di Bronte non risiede solo nel suo pistacchio, ma anche nella sua storia e nelle sue tradizioni.
Tra i comuni più estesi della provincia di Catania, Bronte, caratterizzato da salite e discese e nato per decreto imperiale promulgato nel 1520 da Carlo V d’Asburgo, è situato alle pendici occidentali dell’Etna, a 48km da Catania e ad oggi conta ben 19.172 abitanti. Il comune è gremito di antiche ed eleganti strutture religiose ed il suo centro storico ospita da secoli la Sagra del Pistacchio, che ancora oggi si svolge l’ultima domenica di settembre e la prima di ottobre, in alcune piazze e vie del centro storico di Bronte. Nel corso della Sagra si possono assaggiare ed acquistare i prodotti ottenuti con la lavorazione del pistacchio e i frutti stessi. Ogni anno l’evento attira migliaia di turisti provenienti anche dall’estero. Insieme alla vista di viuzze e balconcini caratteristici, la Sagra regala ai turisti uno spettacolo suggestivo.
Le origini del pistacchio di Bronte
Il pistacchio di Bronte è una varietà di pistacchio che nel 2009 ha ottenuto la Denominazione di origine protetta (DOP). Soprannominato Oro Verde siciliano per il suo alto valore commerciale, affonda le sue radici nel piccolo comune di Bronte ed è un prodotto enogastronomico di indubbia eccellenza. Questo frutto viene tuttora coltivato su un territorio caratterizzato dalla presenza di dure rocce laviche e poi raccolto a mano, come da tradizione. Nonostante il suo incredibile successo a livello internazionale, il pistacchio di Bronte continua ad essere coerente alle abitudini locali. È fondamentale essere a conoscenza del processo di produzione e delle caratteristiche del frutto, così da poterlo distinguere da altre imitazioni che si muovono sul mercato, ma che non provengono affatto da Bronte.
La leggenda circa il nome di Bronte risulta particolare: esso, infatti, ha origine dal ciclope Bronte, fratello del noto gigante della mitologia greca Polifemo. Egli abitava il vulcano dell’Etna e permetteva ai brontesi la coltivazione del pistacchio, guadagnando così il loro rispetto.
Ma il pistacchio è una pianta originaria del bacino Mediterraneo (Turchia e Persia) – da sempre mare del gusto, degli aromi, dei sapori, delle spezie – coltivata già da tempi antichi per i suoi preziosi semi.
Storica area di scambio tra Oriente e Occidente, è proprio attraverso il Mare Nostrum che il pistacchio raggiunge l’Italia. Furono gli arabi, strappando la Sicilia ai Bizantini nell’827, ad introdurre il pistacchio nell’Isola e ad incrementare ed attrezzarsi nella coltivazione del frutto che, particolarmente alle pendici dell’Etna, trovò l’habitat naturale per uno sviluppo rigoglioso e peculiare. Ancora oggi, infatti, si utilizzano in dialetto i termini “frastucara” e “frastuca” derivanti dalle parole arabe “fristach” e “frastuch”, per indicare la pianta e il frutto del pistacchio.
La pianta trovò le condizioni ambientali perfette per insediarsi stabilmente nei terreni vulcanici incolti chiamati “sciare”, difficilmente coltivabili perché scoscesi e ricchi di cenere. Il pistacchio, pianta resistente e con grande capacità di adattamento, conquistò le sciare di quel territorio, dove il terreno concimato in modo naturale dalle ceneri del vulcano favorì la produzione di pistacchi con qualità organolettiche particolari e tipiche di questo pistacchio.
I pistacchi di Bronte, aromatici, saporiti e di un caratteristico verde smeraldo, si distinsero presto per le loro proprietà e la coltivazione del pistacchio divenne la più importante del territorio, tanto che Bronte acquisì la fama di “città del pistacchio” e i preziosi semi iniziarono a essere chiamati “l’oro verde”.
Nel 1799 il territorio fu donato all’ammiraglio inglese Orazio Nelson come ricompensa. Oggi in tutto il territorio brontese i pistacchieti (o ”lochi”) coprono circa quattromila ettari di terreni impervi e i pistacchi di Bronte, utilizzati in gastronomia e pasticceria, sono conosciuti in tutto il mondo.
Le caratteristiche
Il pistacchio di Bronte deve le sue caratteristiche pregiate e uniche al suo territorio: evidente è lo straordinario connubio tra la pianta e il terreno lavico che, concimato continuamente dalle ceneri vulcaniche, dà origine a un frutto che, dal punto di vista del gusto e dell’aroma, supera come qualità la restante produzione mondiale. Gli alberi di pistacchio crescono su terreni rocciosi ricoperti dalle lave vulcaniche provenienti dall’Etna, ad un’altitudine che varia tra i 300 ed i 900 metri, risultando così in grado di resistere sia al freddo sia alla siccità.
Vediamo quelle che sono le principali caratteristiche del frutto:
• Anzitutto, il guscio presenta una forma vagamente concava e tondeggiante, con le estremità rivolte leggermente verso l’alto. All’interno, esso ha invece una forma appena allungata e appuntita.
• A caratterizzare il frutto è la sottile pellicina di colore violaceo con riflessi verdi. Una volta aperto a metà, infatti, il pistacchio presenta un colore verde smeraldo, dovuto all’alta concentrazione di clorofilla. I pistacchi prodotti in altre regioni, invece, sono decisamente più gialli internamente e mancano quasi completamente della colorazione viola sulla buccia.
• Il pistacchio di Bronte ha un gusto tendente al dolce, delicato, aromatico e assolutamente non salato, tratto distintivo per riconoscerlo dalle imitazioni.
• I chicchi vengono selezionati manualmente scegliendo quelli con il guscio aperto almeno di alcuni millimetri, per consentire al consumatore di aprire il frutto con le unghia e consumare il prodotto. In tal senso, è da consumare fresco, senza tostatura o salatura.
Il processo di produzione e coltivazione
A Bronte ed in genere nella Sicilia, il pistacchio è conosciuto anche col nome volgare di “Spaccasassi” (per il suo apparato radicale sviluppato che ben si adatta a terreni rocciosi) o “Cornucopia” (per la durezza del suo legno superiore al corno del becco) o anche col nome di “Scornabeccu” (per le galle, a forma di corna di capra, che si sviluppano sulle sue foglie; ricordiamo che il termine deriva dallo spagnolo cornicabra, corno di capra, con lo stesso significato).
La coltivazione e la produzione di pistacchio rappresenta per Bronte un’importante fonte di reddito. La città ha saputo infatti sfruttare questo vantaggio, tant’è che nel suo territorio si contano circa 5000 produttori, la maggior parte con appezzamenti di circa 1 ettaro cadauno, nonché qualche grosso produttore con un multiplo di ettari. Il frutto raccolto viene in genere smallato ed asciugato ad opera del produttore stesso, che poi vende il suo pistacchio in guscio alle aziende esportatrici: circa il 60% viene esportato all’estero, mentre il 40% trova impiego nell’industria nazionale. Vi sono circa una ventina di aziende della lavorazione del pistacchio, alcune ottimamente attrezzate e tecnologicamente avanzate, che si occupano della lavorazione successiva e della commercializzazione in Europa e in altri paesi extraeuropei.
Il pistacchio di Bronte DOP è coltivato, oltre che nel comune Bronte, in quelli di Adrano e Biancavilla a precise altezze e terreni indicati nel disciplinare del DOP, tra i 400 e i 900 m s.l.m. In termini numerici, esso rappresenta oltre il 90% della produzione italiana di pistacchio e circa il 2% di quella mondiale. A Bronte, inoltre, si producono un’infinita varietà di prodotti derivati dalla lavorazione del pistacchio, come il famoso pesto di pistacchio per il condimento della pasta, il gelato al pistacchio, i biscotti di pistacchio, la crema di pistacchio, il cioccolato al pistacchio e molti altri.
La raccolta
La raccolta, che coinvolge tutta la popolazione, avviene alla fine dell’estate, tra la fine di agosto e l’inizio di ottobre, ma solo ad anni alterni, così da consentire alla pianta di riposarsi e resistere maggiormente agli agenti atmosferici: un anno la raccolta, l’anno successivo si eliminano le gemme per proteggere la pianta.
In particolare, la raccolta dei frutti avviene a mano, come accadeva decenni fa, soprattutto tenendo conto che il terreno è alquanto dissestato e sarebbe praticamente impossibile far passare un macchinario tra una pianta e l’altra.
Una volta raccolti, i frutti vengono portati nelle case che si trovano tra i pistacchieti e stesi su giganteschi teli di stoffa, per poi essere messi ad essiccare al sole ancora ricoperti dal mallo, a circa 40°C per eliminare l’umidità. Verso la fine della fase di essiccazione, il mallo viene tolto e i pistacchi lasciati essiccare al sole, dopodiché i semi possono essere sgusciati o meno e conservati in luoghi freschi e asciutti, stoccandoli in sacchi di carta o juta nell’attesa di essere confezionati e commercializzati.
Ed è in questo modo che viene prodotto il pistacchio di Bronte, un’eccellenza italiana che, grazie alle sue caratteristiche organolettiche uniche, è apprezzato in tutto il mondo per il suo sapore aromatico che conferisce gusto alle ricette dolci e salate.
Utilizzo e benefici
I pistacchi in cucina sono utilizzati in tantissimi modi: per aromatizzare bevande e varie pietanze, come frutta secca usata per insaporire i salumi, mortadella, salame al pistacchio, prodotti da alcune aziende siciliane, ma anche per fare il pesto alla brontese o la gustosa crema spalmabile idonea a qualsiasi farcitura, la celebre Pistacchiella. Il pistacchio di Bronte trionfa nell’industria dolciaria in torroni, mousse, confetti ed è molto ricercato dagli artigiani del gelato. I turisti possono provare nei tanti ristoranti della zona una molteplicità sconfinata di eccellenze, tra le quali si consigliano le pennette al pistacchio e vongole, il risotto al pistacchio e il salmone in salsa di pistacchio.
A trarre il maggiore vantaggio dal consumo di pistacchio di Bronte è il sistema cardiovascolare, poiché aiuta a contrastare molti fattori di rischio, tra cui il diabete di tipo 2. Non solo: la particolare composizione dei grassi del pistacchio, insieme alla ricchezze di fibre, aiuta a modulare la glicemia postprandiale e a mantenere nella norma il profilo lipidico.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia 30g di pistacchi, magari come spuntino. Tra i vari tipi di frutta secca, è tra le meno caloriche e con un maggior numero di semi per porzione.