La bellezza travolgente della città offre naturalmente la visione di magnifiche opere architettoniche. Vi sono la Piazza del Duomo, con la famosa Fontana dell’Elefante o la Cattedrale di Sant’Agata, la patrona della città. Ma l’anima della città sta nei suoi mercati colorati, animati e caotici, che ben rappresentano Catania. Da non dimenticare è il Teatro Massimo Vincenzo Bellini, che con una visita guidata, offre al turista la possibilità di ammirare la sua maestosità e i suoi affreschi.
Fra una passeggiata e un’altra è impossibile non ritrovarsi in Via Etnea che, dallo squisito gusto barocco, è la via dello shopping sia per i catanesi, sia per i turisti e fra una vetrina e un’altra, è possibile sostare degustando alcune delle più famose delizie della città: dalle cassate ai cannoli e dagli Iris all’arancino.
Per chi vuole godersi una giornata di relax al mare, la città è dotata di un famosissimo e particolare litorale, che grazie alla presenza dell’Etna, è caratterizzata da scogliere di tipo vulcanico, di colore nero.
Inoltre, per chi passa da Catania, è d’obbligo fare un’escursione in jeep, a piedi o con la Ferrovia Circumetnea. sul Vulcano per ammirare da vicino la sua maestosità.
Tra le principali attrazioni della città troviamo:
La Cattedrale di Sant’Agata: la chiesa attuale fu edificata nel 1711, su progetto di Girolamo Palazzotto. La sontuosa facciata in tre ordini di Giovan Battista Vaccarini, è in marmo bianco di Carrara, ornata da colonne e statue. Degni di nota sono il portale centrale, con 32 formelle lignee finemente scolpite, e le tre absidi in pietra lavica dell’Etna, eredità della precedente cattedrale di epoca normanna.
L’interno è diviso in tre navate; spiccano gli affreschi, in particolare quello raffigurante nell’abside centrale, l’Incoronazione di Sant’Agata, realizzato dal romano Giovan Battista Corradini. Nella navata destra, invece, si trova il monumento funebre del musicista Vincenzo Bellini. L’abside destro ospita la sfarzosa cappella di Sant’Agata che custodisce il sacello con le preziose reliquie.
Il tempio, inoltre, ospita le tombe di numerosi reali normanni, svevi e aragonesi.
Anfiteatro romano di Catania: L’anfiteatro romano di Catania, di cui è visibile oggi una piccola sezione in Piazza Stesicoro, venne costruito probabilmente nel II secolo ai margini settentrionali della città antica, a ridosso della collina Montevergine che ospitava il nucleo principale dell’abitato. La zona dove sorge, che oggi fa parte del centro storico della città, in passato era adibita a necropoli.
L’anfiteatro di Catania è strutturalmente il più complesso degli anfiteatri siciliani e il più grande in Sicilia. Appartiene al gruppo delle grandi fabbriche quali il Colosseo, l’anfiteatro di Capua, l’Arena di Verona.
L’edificio presentava una pianta di forma ellittica, l’arena misurava un diametro maggiore di 70 m ed uno minore di circa 50 m. I diametri esterni erano di 125 x 105 m, mentre la circonferenza esterna era di 309 metri e la circonferenza dell’Arena di 192 metri. Alcuni studi hanno certificato la capienza di 15.000 spettatori seduti e quasi il doppio, con l’aggiunta di impalcature lignee, in piedi. Inoltre, era probabilmente prevista anche una copertura con grandi teli per il riparo dal forte sole o dalla pioggia.
Secondo una tradizione incerta e priva di riscontri, si vuole vi si svolgessero anche le naumachie, vere battaglie navali con navi e combattenti dopo averlo riempito di acqua mediante l’antico acquedotto.
Fontana dell’Elefante: si tratta di un celebre monumento che sorge al centro della Piazza del Duomo di Catania. L’opera fu realizzata dall’architetto Giovanni Battista Vaccarini tra il 1735 e il 1737 e rappresenta le tre civiltà: quella punica, in quanto l’elefante è il simbolo della sconfitta dei cartaginesi; quella egiziana, per la presenza dell’obelisco portato a Catania ai tempi delle crociate; e quella cristiana, rappresentata dalla presenza di una croce montata sull’obelisco.
Sul basamento in marmo, formato da un piedistallo situato al centro di una vasca, due sculture riproducono i due fiumi di Catania: il Simeto e l’Amenano; al di sopra si trova la statua dell’elefante, la cui proboscide è rivolta verso la cattedrale di Sant’Agata.
Il monumento simbolo di Catania, rappresenterebbe l’unione degli elementi della natura: la terra irrigata dai fiumi e la lava che è allo stesso tempo fonte di distruzione e di costruzione. Nella memoria dei catanesi, l’elefante è anche legato alla figura di Eliodoro, un leggendario mago che visse nel VIII secolo e che trasformava gli uomini in bestie. Si narra che egli riuscì a fuggire in groppa al suo elefante a Costantinopoli. Successivamente fu esorcizzato dal vescovo di Catania, Leone, e ridotto in cenere davanti alla Chiesa di Santa Maria della Rotonda. Il suo ricordo rimase vivo nella memoria dei catanesi che iniziarono a chiamare con il suo nome l’elefante di Piazza Duomo.
Castello Ursino: Il Castello Ursino, risalente al XIII secolo, viene attribuito a Federico II di Svevia, nonostante non vi siano evidenze scientifiche che possano confermarlo. Le tracce di occupazione più antiche rinvenute sul sito dove sorge, risalgono ai tempi dell’antica polis greca di Katané. Probabilmente faceva parte di un complesso sistema difensivo esteso sulla costa che comprendeva, fra gli altri, anche il Castello di Maniace di Siracusa e quello di Augusta. Ebbe un ruolo di rilievo durante il periodo dei “Vespri Siciliani”: nel 1295 il parlamento siciliano si riunì al suo interno deponendo Giacomo II ed eleggendo Federico III come re di Sicilia. Fu riconquistato da Roberto d’ Angiò e poi nuovamente espugnato dagli Aragonesi con Federico che ne fece la sede della sua corte, così come i suoi successori. Nel XVI secolo venne inglobato nelle mura volute da Carlo V per proteggere la città dalla minaccia dei Turchi con la costruzione del bastione di San Giorgio. L’introduzione della polvere da sparo in ambito militare, indebolì il ruolo del castello che divenne dimora dei viceré e in parte adibito a prigione fino alla colata lavica del 1669 che arrivò a lambire le mura del castello, cancellando ogni traccia del bastione di san Giorgio. I primi restauri risalgono al XVIII secolo. Ospitò le guarnigioni militari piemontesi e poi borboniche, rimanendo prigione fino al 1838. Nel 1932 venne acquisito dal Comune di Catania, che avviò dei lunghi lavori di restauro conclusi solo nel 2009 per trasformarlo in museo civico, funzione che tutt’oggi ricopre.
Il culto di Sant’Agata: la festa di sant’Agata è la più importante festa religiosa della città di Catania. Si svolge tutti gli anni dal 3 al 5 febbraio e il 17 agosto, in onore della Santa Patrona della città. Le date del mese di febbraio sono quelle che coincidono con il martirio, mentre la data di agosto ricorda il ritorno a Catania delle sue spoglie, dopo che queste erano state trafugate e portate a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace.
Esponente di una nobile famiglia catanese, sin da giovane Agata consacrò la sua vita alla religione cristiana. Venne notata dal governatore romano Quinziano, che decise di volerla per sé. Al suo rifiuto, il console la fece martirizzare il pomeriggio del 5 febbraio 251. Da quel giorno, si sviluppò a Catania il culto della Santa, che si diffuse anche al di fuori dei confini della Sicilia.
La festa oggi si svolge in quattro giornate: la giornata del 3 febbraio si apre con la processione per l’offerta della cera a cui sono presenti, oltre che cittadini e turisti, anche le più alte cariche religiose e civili della città. La processione si chiude la sera, in Piazza Duomo, con il caratteristico spettacolo pirotecnico dei fuochi.
La vera festa religiosa ha però inizio la mattina del 4, con la messa dell’Aurora, che inaugura l’inizio delle processioni del busto-reliquiario di Sant’Agata. In questa occasione, il busto viene portato fuori dalla cappella omonima che lo ha custodito, e ‘consegnato’ ai devoti che lo porteranno in processione lungo un percorso esterno alla città, che si concluderà con il rientro nella Basilica Cattedrale in tarda notte.
Nella mattina del 5 febbraio, presso la Basilica Cattedrale, ha luogo la messa del Pontificale presieduta dalle più alte cariche religiose locali. Durante tutta la giornata il busto-reliquiario di Sant’Agata rimane esposto, e infine, nel pomeriggio, viene nuovamente affidato ai devoti per un’ultima processione lungo un percorso interno alla città, che si conclude nella tarda mattinata di giorno 6.
La festa del 17 agosto è forse la più antica, in quanto si rifà ai festeggiamenti spontanei che si verificarono nella notte del 17 agosto dell’anno 1126, quando le spoglie della Santa martire rientrarono a Catania da Costantinopoli, per opera dei due soldati Gisliberto e Goselmo.
La festa si svolge in maniera ridotta rispetto ai grandiosi festeggiamenti di febbraio, ma attira comunque nel centro storico migliaia di fedeli, turisti e curiosi. Oltre alla messa liturgica, nel tardo pomeriggio si svolge una breve processione con lo scrigno contenente le reliquie, e il mezzobusto reliquiario, nei dintorni della Cattedrale. Le reliquie fanno poi ritorno presso la Chiesa, passando per Via Vittorio Emanuele, accolte da straordinari giochi pirotecnici.
Lo scrigno che contiene le reliquie di Sant’Agata è una cassa in argento realizzata, intorno alla fine del XV secolo in stile gotico, dall’artista catanese Angelo Novara.
I devoti che trainano il fercolo vestono un saio di cotone bianco detto “saccu”. L’abbigliamento sacro si completa inoltre di un copricapo di velluto nero detto “scuzzetta”, un cordone monastico bianco da legare intorno alla vita, dei guanti bianchi e un fazzoletto bianco, che viene agitato al grido di «Tutti devoti tutti, cittadini viva sant’Aita».
L’origine e il significato di questo saio bianco è stata a lungo dibattuta e lo è ancora oggi. Si pensa che il “saccu” dovesse rappresentare la veste da notte, visto che la notizia del ritorno delle spoglie di Sant’Agata, si ebbe nella notte del 1126. Ma questa versione non sembrerebbe tenere conto del fatto che l’invenzione della camicia da notte risulta essere successiva al rientro in città delle reliquie, altri sostengono invece che il saio derivi dal culto di Cerere presente ab origine. Probabilmente, nessuna di queste ipotesi è vera.
Settembre 20, 2021